Le aste online salvano gli scambi

Il 2020 per le case d’aste italiane è stato una rincorsa per recuperare il primo lockdown e gestire il secondo. Per tutti – ArtEconomy24 ha interrogato 33 società e ricevuto 23 risposte – i due semestri sono stati a due velocità: nel primo si è ricorsi alla modalità online (anche se alcuni, come Pandolfini e Finarte , hanno rinviato le aste in attesa di tornare in presenza). Pandolfini, in particolare, ha deciso di rinviare ai primi mesi di quest’anno le aste più importanti sostituendole con vendite online sulla piattaforma Pandolfin Tempo, totalizzando il 29,4% delle vendite e quasi 1,2 milioni di euro di scambi in poco più di un mese. Giugno e luglio sono stati i mesi del recupero; poi, il secondo semestre, i mesi della gestione in surplace del nuovo lockdown. In sette hanno potuto raggiungere o superare i risultati dell’anno prima. Guida la classifica Meeting Art con 28.125.000 euro di aggiudicato 2020 (diritti inclusi) pur con un minor numero di aste (68 su 130 del 2019) e un maggior numero di lotti – hanno fatto da traino gli incanti di arte moderna e contemporanea, seguite dagli orologi da polso moderni e d’epoca –, ma con un trend positivo grazie al successo delle private sale, concludendo l’anno con +7,3%. Seguono, pur accusando delle flessioni, Bolaffi con un aggiudicato di 27.016.140 euro (-19,5%) e Cambi con 25.850.000 euro (-4,3%). Delle altre 16 case d’asta in affanno, tre hanno registrato contrazioni sotto il 10%: come detto Cambi, Wannenes con 22.073.870 euro di aggiudicato e 10 aste in più e Maison Bibelot con 2.542.400 euro grazie alle aste a tempo e online only e agli acquisti di antiquariato. Altre tra il 10 e il 20%: Bolaffi come già detto, Boetto con 8.650.000 euro e Studio Martini con 4.418.000 euro. Le altre case d’asta hanno avuti cali addirittura a due cifre poco sopra il 20% – International Art Sale con 2.807.935 euro e Eurantico con 1.551.593 euro –, o flessioni più pesanti da sfiorare il 30% e superare il 40%: Il Ponte con 22.500.000 euro, Pandolfini con 23.137.500 di euro, Sotheby’s con 22.900.000 euro, Finarte con 14.000.000 euro, Bertolami , con 11.344.841 euro, Christie’s con 7.254.250 euro, Farsettiarte con 6.500.000 euro e Blindarte con 2.800.000 euro.

Cambia l’offerta

Ma la crisi ha fatto aumentare l’offerta? Sì, secondo Angelo Martini, partner dello Studio d’arte Martini, o meglio: «tutta l’attenzione dei collezionisti si è focalizzata sulle aste, l’unico mezzo già predisposto a lavorare a distanza, mentre fiere, gallerie e musei sono rimasti chiusi». «Le aste hanno conservato il loro charme adrenalinico, attraendo nuovo pubblico» fa eco Rossella Novarini de Il Ponte , che ha registrato fino al 70% di nuovi utenti e una media di lotti venduti pari all’86%. La richiesta è aumentata e, di conseguenza, anche le aggiudicazioni, conferma Filippo Bolaffi: «il prezzo medio degli oggetti di fascia medio-bassa è salito del 15% circa, mentre i pezzi importanti sono stati rinviati ad aste successive o hanno avuto difficoltà a trovare un acquirente, con conseguenze negative sul prezzo medio nella fascia sopra i 50.000 euro. Insomma, di sicuro chi possiede oggetti importanti se li tiene ben stretti prima di venderli in un clima di incertezza». Anche perché chi compra pezzi importanti preferisce ispezionarli dal vivo. «Insomma da una parte l’offerta è aumentata a causa dell’incertezza del momento che ha innescato la necessità in certi casi di monetizzare in breve tempo. Dall’altra i collezionisti hanno assunto un atteggiamento prudente, come sempre accade in tempo di crisi» concludono da Farsetti.

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Le case d’asta che hanno retto

Ha retto meglio alla pandemia chi aveva prezzi di partenza medio-bassi – come Capitoliumart con 7.823.769 e un +15%, Pananti con 6.700.000 euro e un +1,5%, Art-Rite con 1.209.778 un +5,6% grazie anche a due aste in più e alla buon andamento delle private sale (+616,4%), sono andati in pari Sant’Agostino con 10.500.000 euro aggiudicati e Babuino con 4.000.000 euro –, cresciuti poi sotto il martello (la fascia più attiva spiegano da Boetto è quella compresa tra 5.000-30.000 euro. È addirittura cresciuto chi lavora su nicchie di mercato, come Czerny’s con armi e armature aggiudicate per 6.328.920 euro con un bel risultato (+18,8%). Le case d’asta attive nella fascia più elevata – in quel segmento che punta a far concorrenza a Christie’s e Sotheby’s – hanno incassato maggiori flessioni. «La crisi ha fatto certamente aumentare l’offerta, ma di opere di livello qualitativo medio basso, con invenduti e prezzi in decrescita, mentre l’offerta di elevato livello qualitativo non è, invece, cresciuta ed è sempre più difficile reperire questo tipo di opere a prezzi corretti da provenienze private» spiegano da Pandolfini, che però si è difesa con le private sale in crescita. Dal canto loro, le major hanno rispecchiato in Italia i risultati internazionali, con Christie’s che ha perso maggiori quote di mercato rispetto a Sotheby’s, più reattiva, con nove aste rispetto alle sei del ’19 (Christie’s solo due).

Gli acquirenti e i settori

Ormai il 2020 ha sdoganato l’online, non ci sono più distinzioni tra aste fisiche e sul web, tanto che anche le commissioni al compratore sono uguali e suddivise per scaglioni di valori fino ad un massimo di 24-25% (solo Sant’Agostino è al 22%). I mandanti delle vendite sono stati motivati talvolta da divisioni ereditarie o dalla necessità di disperdere arredi in abitazioni non più in uso, o dalla volontà di dismettere parti della collezione per acquistarne altre. Gli acquirenti sono collezionisti privati, ma anche dealers e galleristi. Rare le istituzioni. Non è mancata la speculazione con rialzi spettacolari: Finarte ne ha registrati fino a 20 volte lo starting bid. «Le operazioni speculative sono state a medio-lungo termine, soprattutto su opere moderne e contemporanee o su beni rifugio, come orologi e gioielli» spiega Matteo Cambi. Per tutti è aumentata la clientela straniera, attratta dai patrimoni artistici del nostro paese: rappresenta il 30-40% dei buyer e in alcuni casi arriva al 65% (Finarte), 74% (Bertolami), addirittura 90% (Czerny’s). I paesi di provenienza sono Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, ma anche Cina, Corea, Taiwan, Messico, India, Sudafrica e Nuova Zelanda. «In ogni caso il collezionismo è sempre più intersettoriale con il minimo denominatore della ricerca della qualità» fanno eco da Pandolfini.

L’arte moderna e contemporanea si conferma settore trainante, ma anche i dipinti antichi hanno rappresentato una positiva sorpresa, con un recupero anche dell’800. L’antiquariato e gli arredi (Maison Bibelot e Babuino ) sono stati riscoperti dai collezionisti nei lunghi mesi trascorsi in casa. Il design ha svecchiato il collezionismo facendo fare i primi passi ai più giovani (Cambi, Sant’Agostino, Christie’s, che vi ha dedicato la sua prima asta italiana solo online). Orologi e gioielli hanno rappresentato un porto sicuro per le case di settore e non solo (si veda Wannenes nelle aste di Monte Carlo).

Fonte: Il Sole 24 Ore