Per il reato di caporalato basta la paga non proporzionata al lavoro svolto

Per far scattare il reato di caporalato basta una paga inferiore a quella prevista dai contratti collettivi o comunque sproporzionata rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. A prescindere da altre violazioni relative al trattamento non economico dei dipendenti. La Suprema corte (sentenza 6905) respinge il ricorso, di un indagato per sfruttamento della manodopera, contro l’obbligo di presentarsi una volta al giorno per tutti i giorni della settimana alla polizia giudiziaria.

Le violazioni non solo alternative

Una misura cautelare più blanda rispetto ai domiciliari, imposti in prima battuta. La difesa negava l’esistenza del reato previsto dall’articolo 603-bis, introdotto nel Codice penale nel 2011. Ad avviso del ricorrente mancavano indizi. Le indagini investigative non avevano, infatti, rivelato il quadro considerato “tipico” dello sfruttamento: dai metodi di sorveglianza agli alloggi degradanti. L’unico elemento era una retribuzione difforme e inferiore rispetto ai contratti collettivi, comunque limitata nel tempo.

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Per la Cassazione basta. I giudici di legittimità chiariscono che è del tutto irrilevante l’assenza degli altri indici rivelatori dello sfruttamento dei lavoratori, indicati dal codice. La norma di tutela punisce, infatti una serie di condotte, che non sono alternative tra loro. Le violazioni contemplate vanno: dal reiterato pagamento di retribuzioni inferiori in modo palese da quelle previste dai contratti collettivi nazionali o sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, alla violazione della normativa relativa all’orario di lavoro e ai periodi di riposo, fino alla violazioni delle norme in di sicurezza e igiene. E una trasgressione è sufficiente. Nel caso esaminato c’è una paga non adeguata ai Ccnl e alla mole di lavoro svolto.

Amministrazione giudiziaria o sequestro? Dipende dalle dimensioni dell’impresa

Nello stesso giorno, e per la stessa ragione la Cassazione (sentenza 6894) ha confermato il sequestro di un autolavaggio, in cui i lavoratori avevano una paga che oscillava da 1,67 euro l’ora ai 5,51. Con 55 ore di lavoro settimanali dichiarate a fronte delle 15 messe nero su bianco in busta paga. I giudici di merito avevano deciso per il sequestro dell’attività, negando la misura del controllo giudiziario chiesta dall’indagato, per consentire la continuità aziendale. Una scelta che la Cassazione avalla, spiegando che la stessa nomina degli amministratori giudiziari ha un costo, che vale la pena di sostenere per consentire l’operatività, e dunque salvaguardare posti di lavoro, in imprese non di piccole dimensioni come nel caso esaminato.

I dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro

Secondo il rapporto dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nei primi sei mesi del 2019 sono state denunciate per caporalato e sfruttamento dei lavoratori 263 persone e 59 arrestate: più del triplo rispetto alle 80 dello stesso periodo del 2018. Mentre si conferma la prevalente incidenza del reato nel settore agricolo, con 147 denunce.Sempre in rapporto al primo semestre 2018, le irregolarità riscontrate nelle imprese controllate ha fatto registrare un + 3% (dal 69% al 72%) mentre il numero delle posizioni irregolari ha toccato quota + 7,7% (da 77.222 a 83.191). Cresce del 14% il lavoro nero (da 20.398 a 23.300 unità) e raddoppia (da 5.161 a 10.454) il numero dei lavoratori soggetti a forme di appalto e somministrazione irregolari. A scendere del 9% è il numero delle ispezioni in azienda.

Fonte: Il Sole 24 Ore