Perché Google ha chiuso Stadia, il suo servizio di cloud gaming?

La piattaforma di cloud gaming Google Stadia spegnerà i motori il 23 gennaio 2023. Stop già subito allo Stadia Store, compresi ecommerce e transazioni in-game. La notizia ha sollevato scalpore e critiche. C’è chi ha recitato il de profundis per l’intero business dei videogiochi online, chi ha incolpato personalmente il vicepresidente e general manager di Stadia Phil Harrison, che ha addirittura chiamato in causa la crisi dell’energia e l’inflazione (come se non valessero anche per il resto dell’industria dei videogiochi). In realtà la risposta pare più semplice e chiama in causa una serie di errori strategici dell’approccio di Google verso il gaming. Prima però il contesto, che è quello che conta.

La crisi di Google e il taglio dei costi

La chiusura di Stadia è l’ultima mossa del Ceo di Alphabet Sundar Pichai di tagliare i costi dopo aver affermato di voler rendere l’azienda più efficiente del 20%. Il prezzo delle azioni di Alphabet è sceso del 34% quest’anno e a luglio la società ha registrato entrate e profitti deludenti. L’azienda deve fare i conti con una serie di sfide economiche e un rallentamento della crescita al punto che Pichai ha anche detto che l’abbattimento dei costi potrebbero includere tagli ai prodotti e al personale.

Gli errori del modello di business

Ricordiamo che sulla carta Google Stadia doveva essere la Netflix dei videogiochi. Una rivoluzione che avrebbe cancellato le console e reso il videogioco qualcosa di fluido, a misura di controller. La rivoluzione in realtà c’è stata ma come spesso accade non ha lasciato cadaveri illustri sul campo e sopratutto non è stata compiuta da chi l’ha innescata ma dal suo successore. Parliamo di Microsoft che un anno dopo ha “portato a terra” il cloud gaming con una formula di abbonamento all-you-can-eat che ha convinto il mercato. L’errore di Google è stato proprio sul modello di buisiness perché il servizio tranne nelle prime fasi iniziali ha funzionato dal punto di vista tecnologico. A pesare sotto il profilo commerciale è stata la mancanza di un abbonamento che mettesse a disposizione un catalogo di giochi. Gli utenti oltre a pagare una fee mensile dovevano acquistare i nuovi giochi quasi a prezzo pieno. Microsoft ha invece accorpato dentro al proprio abbonamento Xbox Game Pass la possibilità di scaricare e giocare a giochi da un folto catalogo in aggiornamento, incluse le esclusive Microsoft sin dal giorno di uscita.

La complessità di progettare e vendere videogiochi

E poi c’è il mercato del videogioco che è paradossalmente piccolo in termini di attori ma complesso in termini di competitività. Sembra banale ma per emergere in questo settore servono idee e creatività e non solo tecnologia. La rinuncia quasi dall’inizio a progettare titoli in esclusiva è stata un chiodo nella bara. Come dimostrano PlayStation, Nintendo ma anche Microsoft grazie alla sua importante campagna acquisti servono costrutturi di esperienze videoludiche, detto altrimenti giochi nuovi e belli. Rinunciare alla possibilità di creare titoli in esclusiva e limitarsi a rivendere quello che fanno gli altri non ha aiutato il progetto di Phil Harrison.

E ora una cosa succede? 

La società di Mountain View ha previsto un piano in cui rientrano gli abbonamenti al servizio, che coinvolge l’hardware Stadia, i pacchetti Play and Watch con Google TV, giochi e componenti aggiuntivi. Annullati inoltre tutti i preordini, con il rimborso di quelli per i quali c’è già stato un addebito. Come intende concretamente muoversi la società al momento non è dato sapere (in autonomia? Moduli?). «Stiamo lavorando a questo processo ora e terremo aggiornato questo articolo mentre definiamo il processo per cascuno dei paesi e situazioni diverse» fa sapere la multinazionale su una pagina dedicata all’Assistenza.«I giocatori – ha spiegato Phil Harrison – continueranno ad avere accesso alla loro libreria di giochi e a giocare fino al 18 gennaio 2023. Prevediamo che la maggior parte dei rimborsi sarà completata entro la metà di gennaio 2023». La maggior parte dei giochi, fa sapere la società, dovrebbe continuare a funzionare normalmente. «Problemi potrebbero però insorgere per quelli che necessitano di transazioni finanziarie». Problemi anche per i progressi di gioco e per il loro trasferimento su un’altra piattaforma. «Per la maggior parte dei giochi, ciò non sarà possibile».

Fonte: Il Sole 24 Ore