Prada a Shanghai con Pradasphere II: indagine sull’identità fra storia e innovazione

Il tema dell’identità è centrale nel racconto della moda contemporanea, forse perché tutto è diventato o rischia di diventare generico, incolore, indistinguibile. Ma l’identità è anche qualcosa di non normalizzabile e complesso. Lo è certamente nel caso di Prada. Delineare i contorni della Prada-ness richiede una serie di puntelli, una guida alla lettura che definisca senza semplificare o impoverire, e meglio se a farlo sono quattro occhi invece di due. Risponde proprio a questa esigenza tassonomica ma fluida la mostra Pradasphere II appena inaugurata allo Start Museum di Shanghai e aperta fino al 21 gennaio prossimo. La curatela è firmata dai co-direttori creativi Miuccia Prada e Raf Simons, mentre la direzione artistica e l’efficace layout espositivo sono opera di Michael Rock dello studio newyorkese 2X4.

La prima edizione nel 2014

La prima edizione di Pradasphere risale al 2014: in quel caso era stata la signora Prada a esplorare la propria storia isolando alcuni nuclei tematici per esporli in forma diacronica. L’intento di Pradasphere II è ben più ampio, e l’apporto dello sguardo di Raf Simons, interno a solo quattro degli oltre centodieci anni di storia di Prada, è determinante. «L’unico modo che a mio avviso avevamo a disposizione per raccontarci – spiega – era cronologico, partendo dagli inizi». Aggiunge Miuccia Prada: «Non sono interessata alle celebrazioni e non ho un occhio nostalgico sul passato perché sono costantemente proiettata in avanti. Però mi interessa la storia, in ogni campo, non ultimo la politica».

Il racconto della maison dal 1988 a oggi

Pradasphere II è una esposizione storica non toccata da alcun vizio di storicismo. Con i suoi oltre quattrocento manufatti, è densa di materiali, invero espansiva ed esaustiva, ma anche raccolta e intima: tutti gli oggetti possono essere apprezzati da vicino, persino toccati e, a differenza delle troppe mostre di moda intese come veicolo di marketing o mera content creation a favor di social, è intensamente analogica, priva di facili fantasmagorie digitali. Il nucleo centrale è un magazzino, con tanto di imponente scaffalatura metallica foderata però di delicato velluto rosa, che accoglie, in rigoroso ordine cronologico, la moda di Prada dagli inizi nel 1988 a oggi, mentre stanze laterali fungono da lente di ingrandimento su argomenti nodali, dal negozio Fratelli Prada aperto a Milano in Galleria nel 1913, del quale sono riprodotti gli affreschi, a Fondazione e Luna Rossa. Notevole la sezione intitolata Gallery, concepita da Damien Hirst, che, a simboleggiare il rapporto con gli artisti, espone una serie di preziose borse d’archivio in una teca contrapposta a una seconda teca con copie delle stesse realizzate in argento.

Attualità e innovazione il fil rouge negli anni

Quel che colpisce, nell’insieme, è il focus sulla materialità degli oggetti, il cui effetto per lo spettatore è coinvolgente ed emozionale, perché rivela un aspetto poco noto della storia: l’interesse per l’artigianalità industriale, mirabilmente espresso in una stanza che, sulla silhouette ripetuta della gonna a ruota, ricapitola decenni di ricerche che, da sole, hanno riscritto il modo di intendere tessitura e decorazione, dalle agugliature ai lamé stropicciati, dalle borchie alle paillettes fatte con i tappi di bottiglia. Pur seguendo la cronologia come principio espositivo, Pradasphere II appare un opus sincronico, che parla al tempo presente: l’attualità degli oggetti esposti, anche i più remoti, è sorprendente.

Per concludere con le parole di Raf Simons «nella moda, tutto era lì già dall’inizio, già dalla prima collezione: una camicia bianca con gonna lunga, scarpe maschili e calzini». Una visione di rigore che sottende a varie ondate di eccentricità: è questa la complessità di Prada, ovvero il desiderio di vestire la mente e il pensiero ancor prima del corpo, pur facendo moda invece che concetti, pur concentrandosi su oggetti pieni di fascino e anche di frivolezza.

Fonte: Il Sole 24 Ore