Tonno in scatola, produzione giù dell’8% per i costi troppo alti

Meno produzione e a costi nettamente più alti lungo tutta la filiera. E consumi in calo, seppure in linea con il periodo pre Covid. È la difficile situazione che sta attraversano l’industria delle conserve ittiche, dove il tonno in scatola rappresenta quasi l’85% del fatturato. Secondo Ancit (Associazione nazionale conservieri ittici e delle tonnare) nel 2022 il giro d’affari legato al tonno, spinto dall’inflazione, è salito di quasi il 12%, a 1,55 miliardi di euro. L’intero settore vale invece 1,87 miliardi grazie alle conserve di – in ordine di fatturato – acciughe, sgombri, salmone e sardine.

La produzione di tonno «è stata di 77.411 tonnellate, in flessione del 7,7% sul 2021» e «il volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano è sceso a 150.660 tonnellate (-5% sul 2021), circa 2,55 kg di consumo pro capite, mentre i consumi sul canale retail hanno sostanzialmente tenuto».
Un dato che va anche letto in relazione al fatto che durante la pandemia c’è stato un aumento degli acquisti dovuto al cosiddetto “effetto scorte” e che il mercato dei consumi fuori casa (a eccezione delle mense) è poco significativo per le conserve.

«Per il tonno all’olio d’oliva, che in Italia rappresenta il 90% del totale – commenta Simone Legnani, presidente di Ancit – i costi di produzione sono aumentati mediamente del 20-30%. Di questi, solo la metà è stata assorbita dalla Gdo, mentre la restante parte è stata assorbita dalle aziende. Purtroppo, l’incremento di alcune materie prime, in particolare dell’olio, lascia presumere che la situazione si complicherà ulteriormente. Inoltre va considerato che la filiera è lunga e di conseguenza ci portiamo dietro aumenti maturati lo scorso anno».

Il boom dei costi inizia dalle quotazioni dei tonni (pescati soprattutto nell’Oceano Pacifico) che sono cresciute anche del 30%:  a causa dei costi maggiori affrontati dalle navi da pesca (su tutti il carburante che serve anche per far funzionare le celle frigorifere) ma anche per effetto del riscaldamento delle acque, che spinge i tonni in profondità rendendone più difficile la cattura. Elemento che si va anche a intrecciare con le misure di fermo pesca necessarie a tutelare la sopravvivenza della specie e che difficilmente potrà rientrare nel breve periodo come in parte sta avvenendo per i costi energetici. Ovviamente hanno inciso anche questi ultimi sui risultati 2022, soprattutto in maniera indiretta: basti pensare, dicono da Ancit «che la lattina per le confezioni da 80 grammi è arrivata a pesare per il 30% dei costi di produzione».

C’è poi l’effetto cambio con il dollaro, cioè la moneta in cui si fissano i contratti per l’acquisto del tonno, che si è apprezzato sull’euro. «In pochi mesi – prosegue Legnani – abbiamo avuto un rialzo del 10% dei prezzi dovuti solo al cambio». Ha inciso e continua a incidere molto anche l’aumento del prezzo dell’olio di oliva, «triplicato in due anni e aumentato del 50% solo negli ultimi due mesi».

Fonte: Il Sole 24 Ore