Bonomi: su Ilva stessi errori di 10 anni fa, serve un sì convinto politica-governo

Sull’ex Ilva «dopo 10 anni ci ritroviamo a discutere gli stessi temi e con gli stessi strumenti, perché continuiamo a commettere lo stesso errore: inseguiamo soluzioni al problema dell’indotto, che ha contribuito a tenere in piedi lo stabilimento di Taranto, ma non consideriamo che il modo migliore per salvaguardarlo e, con esso, tutelare un pezzo importante dell’economia del Mezzogiorno, è inserirlo in una visione chiara sulla politica industriale e sulla competitività del Paese». Così il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in audizione in Senato ripetendo anche quanto detto da Confindustria «in Parlamento 9 anni fa»

Bonomi: sull’ex Ilva serve un sì convinto politica-governo

Confindustria auspica un «sì convinto da parte della politica e da parte del governo su un grande progetto di politica industriale» sull’ex Ilva. Quindi – rileva in audizione in Senato il presidente Carlo Bonomi – «un progetto temporaneo dell’entrata dello Stato nella gestione dell’azienda che sia da ponte per poi transitare a soggetti idonei e competenti per la gestione». Poi, «ci si dovrà impegnare in maniera molto decisa anche in ambito europeo», considerando che è «stimato che per ogni milione di tonnellata che viene prodotta ci saranno 100 milioni di euro in più di oneri aggiuntivi» dovuti all’introduzione di normative Ue.

«Acciaieria di Taranto è ancora cruciale»

«Lo stabilimento di Taranto ha un ruolo ancora cruciale», sottolinea il presidente di Confindustria. E ne elenca i motivi. «È uno dei principali asset produttivi del sistema industriale nazionale, concorre alla creazione di ricchezza e occupazione». L’acciaio «è insostituibile in una serie di applicazioni comprese quelle fondamentali per lo sviluppo sostenibile». «Quando si parla di acciaio si parla anche della tenuta di larga parte del tessuto produttivo». Il leader degli industriali quindi sottolinea: «Si tratta di migliaia di posti di lavoro: acciaio, significa quindi, anche sostenibilità sociale».

«L’alternativa a Taranto è solo importare acciaio»

L’alternativa è l’importazione da Paesi Extra-Ue. Tuttavia, «l’acciaio primario proveniente da Paesi extra UE ha tempi di consegna molto più lunghi, come quello ordinato dall’Asia che viene consegnato dopo 3-4 mesi, ed è più esposto al rischio di volatilità dei prezzi. Ciò comporta che gli operatori devono fare scorte più ampie, che necessitano di più spazio e incidono in negativo sul capitale circolante. L’acciaio prodotto a Taranto, invece, arriva ai settori industriali italiani in 30-40 giorni e presenta costi maggiormente preventivabili. È il motivo per cui riteniamo essenziale che Taranto torni a una capacità produttiva importante, com’è stato in passato». «È il motivo per cui riteniamo essenziale che Taranto torni a una capacità produttiva importante, com’è stato in passato», dice Bonomi, che accenna quindi ad uno degli obiettivi di politica industriale del Governo: «Su questo, lasciatemi fare un inciso sul tema automotive: se davvero l’Italia punta a tornare a produrre 1 milione di veicoli l’anno, poter disporre dell’acciaio di Ilva è un fattore strategico»

«Perimetrare campo gioco dei commissari»

«Noi riteniamo che siano migliorabili ma apprezzabili», i decreti sull’ex Ilva, dice in audizione in Senato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. «Nel complesso i decreti sono andati nella giusta direzione. Le nostre puntualizzazioni sono proprio per migliorarli e per evitare gli errori che purtroppo abbiamo visto commettere nel passato. E l’esperienza del passato, avverte il leader degli industriali, insegna che è necessario «perimetrare il più possibile l’ambito di intervento dei commissari». A lasciarlo «alla discrezionalità dei singoli», per esempio, «nel 2015 nel momento di definire l’indotto ci fu un grande problema», così come «abbiamo avuto parecchi interventi della magistratura». «Il campo di gioco deve essere ben definito, più lo definiamo meno avremo problemi».

Fonte: Il Sole 24 Ore