Camminare nel nord perdendo la bussola

Come Ulisse, come i Sami della Scandinavia e gli Inuit della Groenlandia. Siamo eternamente uomini e donne, fatti di cuore e orizzonti. Camminare per boschi di pino silvestre, abeti e betulle, tappezzati di felci e mirtillo, e scoprire che quei passi lenti e avari sono luce sull’anima. Camminare nel silenzio è scoprire le ferite, andare in profondità – la fatica scarnifica – e cercare di risalire dal buio. Lo sa bene Franco Michieli, 62 anni, esploratore di lungo corso che ha fatto del camminare uno stile di vita, una psicoterapia itinerante perché ha capito che la terra più incognita, in fondo, è l’uomo dentro di noi. Franco, a 19 anni, compie con alcuni amici la traversata da Ventimiglia a Trieste, 81 giorni zaino in spalla, fra bufere furibonde e albe spettacolari. Già quell’inizio, finito nel bellissimo L’abbraccio selvatico delle Alpi, ne segna la vita. Michieli va oltre. Sente una vocazione nuova, quella di perdersi, per ritrovarsi. Comincia a lasciare a casa bussola e mappe e si affida al sole, ai crinali dei monti, ai venti, alla lettura dell’ambiente. Niente Gps. È un andare secondo natura, come i Sami e gli Inuit. Dal 1998 le sue traversate, notti quasi sempre in tenda, sono così e le racconta con Le vie invisibili. Senza traccia nell’immensità del Nord (sul sito web https://francomichieli.wordpress.com/ si possono vedere le immagini delle traversate nordiche raccontate nel libro). Un passo dietro l’altro nell’inconoscibile, solo con il conforto di occhi e mente: l’inconoscibile isola e nel vuoto, tutto è più chiaro che qui. Il silenzio, gentile e persistente, avvolge come la nebbia.

Michieli ripercorre la traversata della Norvegia, la “Norvegia per il lungo”, come dicono a quelle latitudini. Da Capo Lindesnes a Capo Nord, con cinque compagni che si sono alternati al suo fianco, 150 giorni di cammino e di sci per circa 4mila chilometri: «il mondo intorno si era fatto immenso e disabitato, quasi esistesse solo per noi e le creature della natura; riversava nell’animo la libertà antica di una Terra giovane e aperta, memoria inconscia di preistoriche migrazioni selvagge». Ci sono poi gli orizzonti delle Lofoten e i miraggi d’Islanda, la terra dei Sami e la Groenlandia dei Vichinghi. Solo i treni hanno la strada segnata, per il resto c’è sempre una via e i paesaggi sono l’anima del mondo in cui ritrovarsi senza Gps: «la sottrazione di artifici rifaceva nuova la Terra». Solo un essere umano, con il suo cuore e i suoi passi fra cielo e terra.

Questa nuova filosofia dell’andare è consolazione e non ha nulla dell’impresa sportiva: «La bellezza insostenibile del continuo divenire degli elementi ci invadeva, si riversava in noi. Ci trovavamo nella segreta condizione in cui l’affaticamento accumulato non ottenebra i sensi, ma li libera dalle pretese della mente, li rende trasparenti alla luce irradiata dai linguaggi non umani delle infinite creature», e sentendo battere una natura totalizzante: «sostavamo contemplando e ascoltando il mistero della filosofia dell’universo, come davanti a un disvelamento che avremmo voluto percepire per sempre. Lacerava un pensiero: sapere della nostra umana incapacità di stare in equilibrio con le altre creature».

In cerca di una bolla è anche lo scrittore e cantautore britannico Malachy Tallack. Ha fatto il giro del mondo viaggiando lungo il 60° parallelo dalle Isole Shetland verso ovest insieme al sole e alle stagioni, attraversando la Groenlandia in primavera, l’America del Nord in estate, la Russia in autunno e i Paesi scandinavi in inverno e l’ha raccontato nel suo Il grande Nord: «Per me andare al Nord significa tornare a casa, e ogni viaggio in questa direzione porta con sé il senso del ritorno». Ha camminato e volato: il Nord è infinito e anche la poesia di queste pagine, la luce diventa traccia e destino. La “norditudine” si fa stato dell’anima in cui camminare e cercare il proprio senso. I giorni si sciolgono uno nell’altro, fra miti e leggende, sentendo una vicinanza umanissima con gli Inuit incontrati e la sila, il soffio vitale, che è anche vento, tempo atmosferico e il reincarnarsi in altri corpi. Tallack attraversa un Nord luminoso e fragile, spaventoso e spietato, lo spingono curiosità e nostalgia, incontra persone serene e appagate, e anche esuli politici e religiosi, popoli indigeni la cui cultura è compromessa ma soprattutto scopre sé stesso, e ogni uomo: «Siamo irrequieti, alla ricerca di quiete».

Le vie invisibili. Senza traccia nell’immensità del Nord
Franco Michieli
Ponte alle Grazie, pagg. 288, € 18

Fonte: Il Sole 24 Ore