I furbetti del pass disabili: no alla tenuità del fatto per chi falsifica quello della madre

Non può essere considerata di particolare tenuità la condotta di chi usa in maniera illecita un documento che autorizza al parcheggio gli invalidi, occupando i loro spazi abusivamente. La Suprema corte (sentenza 836) esclude che la contraffazione del permesso possa essere punita come un semplice illecito amministrativo previsto dal Codice della Strada (articolo 188, commi 4 e 5). I giudici respingono così al mittente la tesi dell’imputato secondo il quale l’esposizione di un atto esistente non poteva essere considerata un reato al pari dell’uso di un falso.

La falsificazione di un atto esistente

L’atto esistente era in realtà quello posseduto dalla madre del ricorrente, invalida al 75%, peccato che il “documento” esposto non era una semplice fotocopia – che comunque non abilita al parcheggio – del pass rilasciato dal Comune alla signora, ma una sua contraffazione, anche celofanata esposta sulla macchina del figlio, classe ’71 e del tutto abile, che lo presentava come originale e riteneva di aver diritto di utilizzarlo come unico accompagnatore. In subordine al riconoscimento della sola violazione del Codice della strada, l’imputato aveva chiesto la non punibilità per particolare tenuità del fatto e censurava la scelta della Corte d’Appello che l’aveva negata, malgrado l’ incensuratezza e l’occasionalità della condotta. Ad avviso dei giudici di legittimità pesano però altri elementi. L’azione deve essere punita penalmente perché non si può considerare di scarsa importanza, dal punto di vista penale, limitare il diritto degli invalidi di parcheggiare nelle aree a loro riservate. E anche il fatto di tenere in bella mostra il falso in macchina faceva pensare all’abitualità nel commettere il reato.

Loading…

Fonte: Il Sole 24 Ore