Il vertical farming abbatte il consumo di suolo e di risorse naturali

«Negli ultimi 6 mesi abbiamo studiato una lampada per vertical farming, che consente di passare da 1,8 micromoli/watt attuali a quasi 3 micromoli/watt di efficienza energetica con abbattimento del 40% dei consumi rispetto alla precedente tecnologia» spiega Mattia Accorsi, senior biologist in C-Led, azienda imolese specializzata in lampade per idroponica e vertical farming.

«Il problema delle lampade da coltivazione è che comportano un consumo diretto di energia elettrica per apportare luce ma anche indiretto per la dissipazione del calore emesso. Questa evoluzione della tecnologia Led che abbiamo introdotto permetterà quindi nel suo complesso di abbattere circa del 50% l’energia. Potremmo essere a una svolta in termini sia di sostenibilità sia di abbattimento dei costi energetici per gli imprenditori» aggiunge Accorsi, intervenuto alla preview di NovelFarm, mostra-convegno dedicata alle colture fuori suolo (9-10 giugno, Pordenone Fiere).

Dal punto di vista alimentare, c’è l’aspettativa che il vertical farming possa essere una via per sfamare il mondo. «La questione è importante e complessa – spiega Michele Butturini, ricercatore nel dipartimento di Orticoltura e fisiologia dei prodotti alla Wageningen University – Considerando che la quota di popolazione mondiale che vive nelle città ha superato quella che abita le zone agricole, allora il vertical farming può essere una buona fonte di approvvigionamento per le metropoli. Lo abbiamo visto per esempio con questa pandemia, a New York c’è stata un’esplosione di domanda per l’indoor farming. Adesso le società sono ancora piccole, quindi il contributo è stato limitato. Ma nel momento in cui dovesse succedere che la logistica globale diventi molto fragile, si potrebbe avere con il vertical farming la possibilità di accedere alla produzione in modo rapido. Un maggiore contributo in volumi potrebbe arrivare in generale dalle coltivazioni in ambiente controllato, le serre ad alta e media tecnologia. Data l’instabilità climatica e politica che dovremo affrontare nei prossimi decenni, l’ambiente controllato permette di avere una certa garanzia sulle produzione».

Ricerca avanzata

«Da fine 2014 abbiamo investito 20 milioni di euro nella sola ricerca. Abbiamo curato tutta la filiera, dal seme al prodotto confezionato, che sarà tracciata con blockchain. La struttura è completamente automatizzata e progettata da noi su misura. Per le nostre esigenze non esisteva una soluzione pronta chiavi in mano. Noi abbiamo ingegneri, tecnologi e agronomi, esperti di Iot e Ia» spiega Luca Travaglini, cofounder e co-ceo di Planet Farms, assieme a Daniele Benatoff.

La società, fondata nel 2018, ha costruito a Cavenago, alle porte di Milano, una struttura di oltre 9mila metri quadrati in cui si produrranno da maggio 2021 tra 40mila e i 60mila confezioni al giorno di insalata ed erbe aromatiche. Gli ortaggi saranno venduti alla grande distribuzione lombarda a prezzi paragonabili al prodotto biologico. In programma per il futuro prossimo c’è la costruzione di altri cinque stabilimenti in diversi Paesi Europei, con investimenti complessivi sugli impianti produttivi per altri 30 milioni.

Fonte: Il Sole 24 Ore