Istat: migliora il benessere dell’Italia, ma non ambiente e sicurezza. Non cala la povertà

Non si riduce il rischio povertà (20,1% della popolazione)

Nel 2021 il reddito medio delle famiglie (33.798 euro) è tornato a crescere sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%). Migliora anche l’indice di disuguaglianza del reddito netto, che registra un valore di 5,6, in diminuzione rispetto all’anno precedente (era 5,9 nel 2020) e con valori lievemente inferiori a quelli pre-pandemici (era pari a 5,7 nel 2019): in assenza di misure di sostegno alle famiglie (trasferimenti emergenziali e reddito di cittadinanza), l’indice di disuguaglianza sarebbe risultato pari a 6,4, valore molto superiore a quello osservato.

Rimane sostanzialmente stabile rispetto ai tre anni precedenti la popolazione a rischio di povertà, pari al 20,1% nel 2022. La povertà assoluta dal 2019 al 2023 (serie storica ricostruita secondo la nuova metodologia di stima) presenta una crescita dell’incidenza individuale. Nel 2019 era scesa al 7,6% in concomitanza dell’introduzione del Reddito di cittadinanza, trasferimento monetario non indicizzato all’inflazione come le altre prestazioni socio-assistenziali, nel 2020, l’incidenza riprende a crescere, arrivando al 9,1% e rimanendo stabile nel 2021. Nel 2022, l’incidenza torna ad aumentare al 9,7%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti e rimane sostanzialmente stabile con 9,8% nel 2023.

La rinuncia a cure per problemi economici o liste d’attesa

Nel 2023 sono circa 4,5 milioni cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione (in aumento rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019), probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il COVID-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria). Si assiste ad un raddoppio della quota di chi ha rinunciato per problemi di lista di attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023), stabile la rinuncia per motivi economici (da 4,3% nel 2019 a 4,2% nel 2023), ma comunque in aumento rispetto al 2022: +1,3 punti percentuali in un solo anno. Nel 2023 la speranza di vita è pari a 83,1 anni e risulta in aumento rispetto al 2022 (82,3), recuperando quasi del tutto il livello del 2019 (83,2 anni). Gli uomini con 81,1 anni di vita media attesa tornano allo stesso livello del 2019, mentre per le donne (85,2 anni) mancano ancora 0,2 anni (85,4 nel 2019). La speranza di vita in buona salute nel 2023 è pari a 59,2 anni e si riduce rispetto ai 60,1 anni del 2022. Tale riduzione ha riportato l’indicatore quasi al livello del 2019 (58,6 anni), ridimensionando l’incremento anomalo verificatosi tra il 2020 e il 2022 dovuto alla componente soggettiva, per effetto della più diffusa percezione di condizioni di buona salute in tempi di pandemia.

Lavoro, la mancata partecipazione sfiora il 15%

Divari molto ampi riguardano le misure del dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita: in Italia nel 2023 il tasso di mancata partecipazione al lavoro (14,8%) supera di quasi sei punti percentuali la media Ue27 (8,7%); il tasso di occupazione è di 9,1 punti percentuali più basso di quello medio europeo (75,4%) e la percentuale di persone in part time involontario (10,2% nel 2022), nonostante in calo da quattro anni, è quasi il triplo della media dei 27 paesi dell’Unione (3,6%).

Tutte le misure di Istruzione e formazione posizionano l’Italia più in basso della media Ue27. Le distanze maggiori riguardano la quota di persone di 25-34 anni che hanno acquisito un livello di istruzione terziario (43,1% nell’Ue27%; 30,6% in Italia) e la maggiore incidenza di giovani che non lavorano e non studiano: questo ultimi, definiti anche Neet, sono comunque molto calati nell’ultimo periodo al 16,1% rispetto al 19%, anche se restano al di sopra della media Ue dell’11,2%,

Fonte: Il Sole 24 Ore