Nell’ambito legal tech ingegneri e informatici promossi a partner

La presenza negli studi che si occupano di legal tech di ingegneri ed esperti digitali, non come consulenti ma come interni, non stupisce anche considerando il peso crescente in uno studio della digital transformation e delle nuove tecnologie.

Ma il rapporto avvocato-tecnico viaggia verso direzioni inaspettate e, in alcuni studi, il connubio tra professionalità così diverse ha determinato persino l’ingresso tra i partner di figure non tradizionali e dato vita a startup innovative.

Ad esempio, Portolano Cavallo da anni si serve della tecnologia di machine learning di Luminance per accelerare l’analisi di contratti nelle due diligence in ambito M&A. Ma nel 2021 ha nominato come Chief innovation and digital officer, l’ingegnere Stefano Ceolin accolto in qualità di partner. Si tratta di uno studio con un’importante practice proprio sul fronte digitale e tecnologico: «Capita di operare su diverse tematiche come la privacy o la sicurezza,ma anche sul fronte dei processi – spiega Ceolin –. C’è un supporto strategico ai clienti». «Penso – continua – che ci saranno sempre più lavori congiunti e sempre più bisogno di conoscenze approfondite in ambiti diversi allo stesso tavolo». Lo studio 42 Law Firm, invece, è nato esplicitamente per coniugare gli aspetti della professione legale con il mondo tecnologico. Così tra i suoi co-founder troviamo Matteo Flora divulgatore, esperto in nuove tecnologie e tech partner insieme all’ingegner Carlo Carmagnola che lavora allo sviluppo di soluzioni specifiche per il legal tech. «Sono tanti anni che ingegneri e legali dialogano tra di loro – commentano Carmagnola e Flora -. Il passaggio successivo è stata l’integrazione operativa in cui tutti i processi tecnologici si devono innestare in quelli aziendali. Poi ci sono le necessità dei clienti, delle grandi aziende e di un mercato che sta cambiando. La risposta secondo noi è essere al passo dei cambiamenti». Nello Studio Previti descrivono questa commistione sempre più marcata come un processo di ibridazione di competenze che però nel loro caso ha fatto un passo ulteriore. «Lavoriamo a stretto contatto e ci influenziamo a vicenda – spiegano Alessandro Miele, ingegnere, e Stefano Previti, avvocato, – già prima operavamo con fornitori tecnici, raccogliendo dati in rete. Ma quando è stato chiaro che avevamo bisogno di avere maggiore consapevolezza, la risposta è stata agire in casa. Operando dallo stesso ufficio abbiamo un’efficienza maggiore». Da questa consapevolezza è nata anche una startup innovativa, SP Tech, specializzata in legal tech (e premiata per i suoi progetti innovativi) che opera con lo studio sul fronte tecnologico, ma indipendente dal punto di vista commerciale.

Fonte: Il Sole 24 Ore