«Neptune Frost», il musical fantascientifico che parla di migrazione e diritti

«Molto tempo fa vivevamo sulla cima di una montagna. Mia madre e mio padre erano stelle binarie». Natura, densità, il visibile e l’invisibile. Una consapevolezza che nemmeno il dubbio può scomporre. L’artista multidisciplinare Saul Williams, slam poet diventato musicista, lascia che siano il dinamismo e la visione afro-futurista del cinema a spremere tutto l’odore resinoso di questa sua giostra punk chiamata Neptune Frost, un musical fantascientifico che fonde idee e tematiche allacciate da sempre al pianeta sonoro di Williams, in particolare al suo album MartyrLoserKing (2016).

Co-diretto insieme alla moglie, l’attrice, drammaturga e regista ruandese Anisia Uzeyman, Neptune Frost si apre, secco e selvaggio, tra le colline del Burundi, dove un collettivo di hacker emerge da una comunità di minatori di coltan, risultato della storia d’amore tra un minatore e un intersessuale fuggito di casa.

Le voragini dell’essere

Ambientato tra le voragini dell’essere – passato e presente, vita onirica e veglia, mondo colonizzato e mondo libero, maschio e femmina, memoria e prescienza – Neptune Frost è una scossa alla corteccia cerebrale e un appello a rivendicare la tecnologia per fini progressisti.

Dopo il passaggio alla Quinzaine des Réalisateurs, abbiamo parlato di militanza, meraviglia virtuale e suoni afro-sonici con Saul Williams, in occasione della première nord-americana al Toronto Film Festival.

«I miei viaggi interiori partono tutti dalla musica. E questo film lo abbiamo concepito, da subito, prima come graphic novel poi musical» racconta Williams. Doveva essere una pièce teatrale con ballerini, coreografi, poeti e cantanti; nel 2014, produttori come Ezra Miller hanno spinto Williams e Uzeyman a creare qualcosa di più classico e generazionale: «Gran parte del processo di scrittura è avvenuto attraverso una comunicazione serrata con il cast in Ruanda, quindi rifugiati dal Burundi come Trésor Niyongabo che interpreta Psychology e Bertrand “Kaya Free” Ninteretse nel ruolo di Matalusa. Si sono aperti dicendoci in che stato versasse il Burundi prima di scappare, dalla chiusura di radio e televisione fino al blocco del web.»

Fonte: Il Sole 24 Ore