Putin vince le elezioni con un consenso superiore a quello del 2018. Ma resta una frattura nella società

Mosca – L’aereo ha già iniziato la discesa su Domodedovo quando il comandante annuncia che l’aeroporto moscovita è uno dei tre della capitale che sono stati temporaneamente chiusi. È mezzogiorno in punto. Bisognerà attendere indicazioni. Ci sono problemi di sicurezza.
Nella notte tra sabato e domenica, lasciando un proprio segno sull’ultimo giorno delle elezioni presidenziali, l’Ucraina ha intensificato i lanci di droni sul territorio russo. Uno è stato abbattuto dalla contraerea proprio nella regione di Domodedovo.

I passeggeri sospirano, ma non appena l’allarme rientra e l’aereo inizia la discesa su Mosca, sembrano voltare pagina in fretta: anche se l’«operazione militare speciale» è tornata a insinuarsi forse soltanto per un momento nella loro vita. E la vita sembra scorrere su diversi binari paralleli: quella di chi appare indifferente, o comunque prova a circondarsi di normalità ; quella di chi si sente in linea con il regime, e quella di chi invece si riconosce sempre meno nella Russia che domenica sera ha proclamato Vladimir Putin vincitore del voto. Con una percentuale anche superiore alle previsioni più rosee: il presidente doveva superare il proprio stesso record del 2018, al 76,69%. Ha ottenuto, secondo i primi risultati ufficiali, addirittura l’87,97%. Nell’annunciarlo, la presidente della Commissione elettorale, Ella Panfilova, sembra commossa: «La Russia ha scelto», proclama.

Agli altri candidati – il rappresentante comunista Nikolaj Kharitonov, l’ultranazionalista Leonid Slutskij, il moderato Vladislav Davankov – sono rimaste le briciole, più minute ancora del 5/6% ipotizzato: nei risultati preliminari ondeggiano intorno al 3%, senza neppure dimostrarsi troppo dispiaciuti. L’affluenza – anche in questo caso superiore al record del 2018, come previsto – è salita al 74,7%.

È il risultato che Putin ha inseguito per iniziare questo quinto mandato, che gli permetterà di battere un record superando i 25 anni al potere di Stalin: il presidente intendeva ipotecare i prossimi sei anni con un consenso assoluto, in modo che nessuno possa mettere in discussione le sue prossime scelte in Ucraina e all’interno.

Operazione non riuscita

L’operazione, in realtà, non gli è riuscita, cifre a parte. Tre momenti, in questi ultimi mesi, hanno evidenziato l’esistenza di una frattura molto netta nella società; la ricerca di un’alternativa da parte di una minoranza che potrebbe diventare sempre più complicato ridurre al silenzio. In gennaio il sostegno alla candidatura di Boris Nadezhdin, politico semisconosciuto, convinto che la guerra in Ucraina sia un errore. Il 1° marzo i funerali di Aleksej Navalny. Domenica 17 marzo l’iniziativa del “Mezzogiorno contro Putin”, l’invito a chiunque non condivida la linea del regime ad andare a votare a quell’ora.

Fonte: Il Sole 24 Ore