Serre, formaggio, olio e vino: produrre sott’acqua è sostenibile

Saranno i fondali di mari e laghi le nuove frontiere per rispondere alla sfida alimentare? La scommessa parte da un dato incontrovertibile: oltre il 70% della crosta terrestre è ricoperto dall’acqua. E rappresenta un bacino potenziale interessante sia per individuare nuove superfici coltivabili sia sviluppare soluzioni ecosostenibili e a bassi (o nulli) consumi energetici per conservare i prodotti e affrontare il cambiamento climatico.

Il progetto più avveniristico è a Noli Ligure: è Nemo’s Garden, un “orto sottomarino” con serre, autosufficienti e alimentate con energie rinnovabili, dove si coltivano in idroponica diversi vegetali, come basilico e fragole. Per ora si tratta di una sperimentazione ma potrebbe diventare una risposta a diverse esigenze produttive, come quelle degli ecoresort sull’acqua nelle Maldive. Oltretutto in queste biosfere sottomarine le piante officinali diventano più profumate e i vegetali più saporiti.

Così com’è accaduto a formaggi, miele, confetture, olio e vino che sono stati lasciati ad affinare per otto mesi nel lago di Nemi, a 15 metri di profondità, racchiusi in anfore di ceramica. «L’esperimento ha dato ottimi risultati, dimostrando che gli specchi d’acqua sono un frigorifero naturale ideale per conservare i cibi a lungo e a costo zero», spiega Matteo Martini, presidente di Frascati Scienza, che ha seguito il progetto. Nel 2023 partirà un secondo test, più lungo (10-12 mesi) e su profondità diverse, per affinare la tecnica e approfondirne gli effetti su texture e gusto dei prodotti, già risultati interessanti soprattutto per pecorino e vino.

Proprio il mondo dei vini è quello che sta puntando di più sulla maturazione subacquea. Il primo è stato nel 2008 lo spumante metodo classico Abissi; l’ultimo, due mesi fa, il Prosecco Doc Audace Trieste di Serena Wines 1881 e Parovel. Ad attirare i produttori è la novità di questa tecnica sia termini di prodotto sia di sostenibilità, visto che permette di ridurre le emissioni di Co2 e i costi energetici in cantina.
Ad affiancarli in questo percorso c’è Jamin Portofino, una start up specializzata che ha brevettato un sistema di cantinamento subacqueo per vini e distillati e che ora sta costruendo il network degli “UnderWaterWines”: dalla produzione sino alla vendita nei suoi shop e nella ristorazione (primo cliente Cracco Portofino).

«Entro fine anno passeremo dalle attuali tre a nove cantine affiliate, dal lago di Garda alla Sicilia, e completeremo la caratterizzazione di 50 nuove referenze, in modo da uscire a marzo 2023 con una carta dei vini UWW con oltre 70 etichette», afferma Emanuele Kottakhs, fondatore e ceo della start-up che punta a triplicare il suo fatturato entro fine 2023, portandolo a 1,5 milioni di euro. Dopo il crowfunding con cui nel 2012 ha incassato oltre 600mila euro e coinvolto investitori importanti nei “vini marini” (come Tenuta del Paguro e Antonio Arrighi), ora Jamin Portofino sta per varare un altro aumento di capitale per far entrare soci con competenze tecniche e distributive, funzionali allo sviluppo del network. E nel 2024 inizierà lo sbarco all’estero.

Fonte: Il Sole 24 Ore