Wuhan, un anno fa il primo lockdown. Così è iniziato l’incubo Covid

Era un anno fa. Il 23 gennaio del 2020, Wuhan, diventava senza saperlo l’origine di un dramma globale. Un imprevisto fatale, un guaio non compreso. Un anno fa iniziava la lotta a un virus che solo qualche settimana più tardi sarebbe diventato pandemico. E che col passare dei i giorni avrebbe cambiato le nostre vite, costringendoci alle chiusure, al distanziamento.

Il 22 gennaio del 2020, un giorno prima, Wuhan dava i soliti segnali di metropoli frenetica. Una decina di milioni di persone nell’attesa spasmodica del Capodanno Lunare, che per i cinesi significa una settimana di vacanze e lo spostamento dalle città verso le aree rurali. Le attenzioni sul mercato dell’umido, chiuso dalle autorità il 31 dicembre perché ritenuto luogo dello spillover del nuovo coronavirus, avevano già richiamato le attenzioni di mezzo mondo. Sembrava qualcosa di molto simile alla SARS, che nel 2002-2003 imperversò nell’sudest asiatico. E invece era qualcosa di molto peggio.

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L’allarme alle 2 di notte

Il 23 gennaio è il giorno del lockdown. Alle 2 del mattino arriva l’ordine da Pechino: lo annunciano le televisioni, i cittadini ricevono una notifica su WeChat. Xi Jinping – che all’inizio di questa storia si è fidato forse eccessivamente delle autorità dell’Hubei – decide per il blocco totale dell’area a partire dalle 10 del mattino. Otto ore di tempo per tornare a casa, per muoversi. Poi lo stop a treni, aerei, bus. E più in generale lo stop delle persone. Vengono sospesi anche tutti i festeggiamenti in programma per il Capodanno Lunare. Dall’Hubei non esce più nessuno, il contagio è già fuori controllo. Circa cinque milioni di persone hanno già lasciato la provincia per le vacanze. Chen Heng, un lavoratore pendolare che quel giorno avrebbe dovuto lasciare la città per tornare dai propri cari, rimane bloccato. Insieme a moltissimi come lui, dormirà per alcuni giorni nei corridoi delle metropolitana.

«Quando abbiamo sentito che tutti i trasporti erano stati cancellati, molti di noi erano per strada. Ho cercato un rifugio sicuro. Le sale delle metropolitana si riempirono in pochi minuti». Heng rimane prigioniero del lockdown per lunghe undici settimane. Nove milioni di persone rimangono a Wuhan, bloccate da restrizioni severissime.

La scossa di Xi

A dare la scossa a Xi Jinping è Zhong Nanshan, che in diretta, alla tv di Stato, ammette che il nuovo coronavirus si trasmette da uomo a uomo. Nanshan, 83 anni, è un epidemiologo che in Cina è ritenuto una sorta di eroe nazionale. Fu lui a far uscire il Paese, 17 anni fa, dall’incubo della SARS. E in lui bisogna credere. «Abbiamo prove che il contagio fra umani è possibile. Le evidenze ci dicono che oggi molti pazienti sono di Wuhan, o hanno avuto contatti con quella città. Credo che le persone dovrebbero stare lontane da Wuhan» dice Nanshan in TV. Nemmeno 48 ore dopo, Wuhan entra in lockdown, e scoppia il caos.Gli ospedali vengono presi d’assalto. Si creano code interminabili. Il 24 gennaio, a 24 ore dall’inizio delle restrizioni, iniziano i lavori del nuovo Huoushenshan Hospital, con mille posti letto, attrezzati per la cura dei pazienti affetti da Covid. Il 26 gennaio, partono i lavori per un ulteriore ospedale da 1.600 posti. La macchina cinese, probabilmente con ritardo, reagisce al virus. E mostra i muscoli.

Fonte: Il Sole 24 Ore