Via ai progetti di filiera per portare le aziende italiane in Russia

In questo, aggiunge, può essere d’aiuto «il Comitato imprenditoriale italo-russo che ha, al suo interno, aziende, per la parte italiana, nominate dal ministero degli Affari esteri e tutte le associazioni di business, tra cui la Camera di commercio e la Confindustria russe nonché Gim-Unimpresa (associazione degli imprenditori italiani in Russia, ndr)».

Nella graduatoria internazionale dei Paesi dove fare business, afferma Aimone di Savoia, «la Russia è passata da un ranking oltre il 90 al 28 di quest’anno: sta facendo grossi sforzi per migliorare. Anche se è ovvio che per un’impresa straniera è complicato ambientarsi. Per questo, per sviluppare i contatti, ci sono le associazioni di business».

Parola d’ordine: localizzare

Il manager si sofferma anche sulla questione delle certificazioni europee per l’export in Russia. In particolare sul fatto che diverse Pmi italiane lamentino difficoltà e alti costi per ottenere il riconoscimento sul suolo russo di prodotti certificati in Europa.

«La Russia – chiarisce Aimone di Savoia – non è più la land of opportunity dell’export italiano, nel senso che stimola, invece, l’investimento sul proprio territorio. Se un’azienda si localizza, ottiene un vantaggio fiscale, se esporta dall’Italia, no. Ma il lato positivo è che oggi la Russia è un Paese stabile, con una politica molto chiara che consente l’investimento straniero e consente di farlo in ragionevoli limiti di sicurezza».

Secondo il vicepresidente di Pirelli Tyre, che è stato insignito dell’Ordine al merito della Repubblica italiana per il suo contributo ai rapppori bilaterali italo-russi, «quello che la Russia vuole è che ci sia una localizzazione delle imprese per creare indotto. E per favorire questo processo, per le imprese italiane, si può battere sui progetti filiera o sulle Zes russe, che sono cluster in cui trovano spazio, per lo più, aziende straniere che godono di incentivazioni sulla parte import e, per contro, stimolano la produzione locale».

Fonte: Il Sole 24 Ore