Alunni stranieri in classe, dopo la proposta Valditara si accende il dibattito. Ecco la situazione oggi (e cosa fanno gli altri Paesi)

L’integrazione degli studenti immigrati a scuola ha riacceso il dibattito politico. Da un lato, maggioranza e ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara , hanno richiamato la necessità di un intervento per favorire, non solo a parole, una loro reale integrazione, alla luce dei valori costituzionali e in classi dove la maggioranza di studenti è italiana. Dall’altro l’opposizione che ritiene che l’esecutivo faccia solo propaganda. Ma cosa davvero dicono i numeri? Che il sistema oggi non sta funzionando, e per i circa 900mila studenti immigrati presenti nelle scuole italiane apprendimenti e integrazione sono in netto ritardo.

La fotografia oggi

In realtà, in Italia esiste già da tempo un numero limite di studenti stranieri per classe. In base a una circolare del gennaio 2010 del ministero dell’Istruzione all’epoca guidato da Mariastella Gelmini, il numero di alunni stranieri con una ridotta conoscenza della lingua italiana non deve superare il 30% degli iscritti in ogni classe e in ogni scuola, anche se poi possono esserci delle deroghe. Insomma, è una sorta di raccomandazione. E molti istituti si sono dati da fare nella loro autonomia. Nell’anno scolastico 2021/2022, il 7,2% di tutte le scuole d’Italia aveva più del 30% di studenti stranieri, mentre le scuole con zero stranieri erano il 18%, con grandi differenze tra regioni: quella con la percentuale più alta di scuole senza studenti stranieri è la Sardegna, mentre al Nord la percentuale di classi che sfora il 30% è alta soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. E le scuole più in affanno sono quelle di periferia, specie nelle grandi città.

I gap negli apprendimenti e l’alta dispersione

Il problema purtroppo esiste, e le principali rilevazioni statistiche lo dimostrano. Secondo l’Istat nel 2022 la dispersione scolastica esplicita è stata del 9,8% per gli studenti italiani, del 30,1% per gli stranieri. Ciò ha contribuito, tra l’altro, ad aumentare il tasso complessivo di dispersione all’11,5%. Non solo. Da fonte Invalsi 2023, in italiano, risulta una differenza in negativo del 21,9% per gli studenti stranieri di prima generazione, rispetto agli italiani, e del 15,3% per gli stranieri di seconda generazione. Poco più bassa è la differenza per quanto riguarda la matematica, rispettivamente -16,5% e -11,1 per cento. Gli studenti immigrati vanno meglio in inglese.

Cosa succede in Europa

Di fronte a questi numeri, è necessario fare qualcosa, sostiene, a ragione, il ministro Valditara. In Europa cosa succede? I modelli di integrazione si possono riassumere così: in alcuni paesi, come l’Italia, gli alunni stranieri vengono inseriti nelle classi ordinarie, in altri paesi seguono, per un certo periodo di tempo, un’offerta scolastica distinta (classi preparatorie, o anche dette di accoglienza o classi di transizione); in molti paesi viene utilizzato un combinato tale per cui gli alunni seguono lezioni nella classe ordinarie e altre nell’ambito di un’offerta separata.

L’idea del governo

Un dato è comunque certo, e comune, a tutti. Senza adeguate competenze linguistiche è di fatto impossibile realizzare una integrazione efficace e duratura. Studi Ocse, in base all’età dell’arrivo del ragazzo, indicano tempi variabili: per apprendere la lingua per la comunicazione quotidiana circa due anni, per seguire l’attività didattica con profitto si può impiegare anche fino a 5-6 anni. L’idea del governo, e del ministro Valditara, non è quella di dividere studenti italiani e stranieri di prima generazione, assegnando questi ultimi a classi ghetto. Ogni studente immigrato verrà comunque sempre iscritto insieme con i suoi compagni italiani ad una medesima classe. Per favorire e accelerare un percorso vero di inclusione, è stato proposto un potenziamento e una personalizzazione della didattica specificamente per italiano ed eventualmente matematica. In pratica, e nel rispetto dell’autonomia scolastica, in caso di scarsa padronanza dell’italiano da parte dello studente, gli istituti potranno optare per classi di potenziamento, per la sola durata delle lezioni di italiano, oppure svolgere attività pomeridiane di potenziamento linguistico, che dovranno essere però obbligatorie. Lasciando lo studente immigrato, per il restante percorso, nella stessa classe assieme agli altri compagni.

Fonte: Il Sole 24 Ore