«Amco vuole estrarre valore dai crediti, Jv con Mcc per i crediti garantiti»

Un gruppo più concentrato sull’attuale portafoglio crediti, «così da migliorare la capacità di recupero», anche grazie al supporto di «un minor numero di servicer di quelli attuali». Un «nuovo modello di business, più “capital light”», con cui azzerare il debito esistente e «liberare risorse da investire in nuove iniziative, secondo le indicazioni dell’azionista pubblico». E poi spazio a iniziative per «la gestione dei crediti garantiti, assieme a Mcc», con un joint venture oramai pronta a partire. Obiettivo: aiutare lo Stato a recuperare ciò che ha investito negli ultimi anni.

Andrea Munari, classe 1962, è il ceo di Amco, il veicolo controllato al 100% dal Mef dedicato all’acquisto e gestione dei crediti deteriorati italiani. Insediatosi al vertice lo scorso luglio, il banchiere trevigiano ha scelto da subito il basso profilo, preferendo il silenzio alle dichiarazioni pubbliche. «In questi mesi ho voluto conoscere meglio la struttura e la macchina operativa per definire le linee di sviluppo», dice Munari nella sede milanese della società, in questa prima sua intervista da numero uno di Amco. Nel giorno dell’approvazione del nuovo piano industriale al 2028, il top manager che per anni è stato al timone di Bnl spiega che cosa intende fare dei 35 miliardi di debiti di famiglie e piccole e grandi imprese oggi in portafoglio. E del ruolo che un attore (di peso) come Amco può giocare nelle partite del sistema economico del nostro Paese.

Amco ha svolto un compito fondamentale in questi anni: comprando i crediti malati delle banche in crisi, dalle ex Venete a Carige, passando per Mps e Pop. Bari, è intervenuto nelle operazioni più difficili salvando di fatto il sistema. Ora che le emergenze sono finite, quale fase si apre per Amco?

Partiamo da un dato di fatto. Per anni Amco è stata una stampella del sistema bancario. Durante la crisi, dal 2018 in poi, lo Stato si è fatto carico di oneri che il comparto non riusciva a sostenere. Oggi però dobbiamo pensare alla nuova fase e recuperare il più possibile di quegli oneri. E dobbiamo salvaguardare il debitore buono, che ha qualità per riemergere, e aiutarlo nel rientro in bonis.

C’è spazio per migliorare la redditività?

Fonte: Il Sole 24 Ore