Lavoratori dello spettacolo, arriva l’indennità di discontinuità

Il senatore del Pd Francesco Verducci, vicepresidente della Commissione Cultura a Palazzo Madama, e il deputato dem Matteo Orfini hanno depositato in Senato e Camera il testo del disegno di legge per lo “Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative”. Con questa proposta si cerca di riportare al centro del dibattito politico e dell’agenda del paese il settore dello spettacolo a lungo trascurato. Come si legge nella relazione che introduce l’articolato della proposta, nel 2010, a seguito del Libro Verde dell’Unione Europea – «Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare» , il Parlamento Europeo aveva richiamato l’attenzione dei parlamenti nazionali sull’importanza di garantire sufficientemente i lavoratori dello spettacolo.

In Italia, questa questione a lungo sottovalutata è diventata centrale durante il primo lockdown, quando il Covid-19 ha tenuto a casa anche i lavoratori del settore culturale. Durante il confinamento da virus, è stato reso noto il position paper dell’on.le Orfini da cui il testo del disegno di legge prende le mosse. Il paper riflette sul fatto che, a differenza dei sistemi sani che reggono sotto stress, il vecchio sistema del mondo dello spettacolo ha fatto crack al primo colpo (di tosse), sintomo della sua obsolescenza. Subito, si è dovuto correre ai ripari con contributi extra FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) e fondi di emergenza. Sebbene la proposta di legge non tiene conto degli artisti che realizzano e commerciano opere d’arte, è comunque comprensiva di tante professionalità. Secondo l’on.le Orfini quello proposto è: “un sistema nuovo che tiene insieme diverse tipologie di lavoratori”. La proposta Verducci-Orfini parte dal basso, dalle esigenze dei lavoratori e questo si intuisce della traducibilità dei disposti in soluzioni pratiche alle problematiche quotidiane delle vite professionali degli artisti. Si tratta del primo capitolo di una trilogia che, come anticipa Orfini, avrà per soggetti: “oltre allo statuto sociale dei lavori dello spettacolo, la riforma e riorganizzazione delle associazioni ed imprese creative, e, infine, il sostegno dei luoghi diffusi della cultura”, live club, piccoli teatri, circoli associativi, “dove nasce l’educazione alla cultura”.

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A guidarci articolo per articolo è Maurizio Roi, presidente di Left Wing e Mediartecultura-artbooking che ha contribuito alla stesura del testo. Cominciamo dal primo articolo.
«Dall’Articolo 1 del disegno di legge si evince – spiega Roi – che questa proposta interessi non soltanto il campo dello spettacolo in senso tradizionale, ma anche quello dell’attività culturale in generale. Si è compreso quindi tutto il settore dell’economia “viola” o “arancione”, come si chiama in Italia, che è in espansione, quello che in Europa chiamano Industria Culturale Creativa (ICC). L’Italia deve capire che il Pil del settore culturale non arriva esclusivamente dal turismo, ma anche dall’industria culturale creativa e dall’economia creativa dello spettacolo. Per fare un esempio, anche il settore della moda, che è una grande fetta del Pil italiano, rientra nell’industria creativa. L’industria culturale creativa necessita di politiche di supporto in ambito lavorativo, di impresa (pubblica, privata, mista, ecc.) e di promozione, sviluppo e rigenerazione urbana (città e borghi). Il lavoro è un punto chiave.

Perché i lavoratori dello spettacolo sono diversi dagli altri lavoratori, cosa cambia e cosa va tutelato?
Il mondo dell’industria culturale creativa, in particolare dello spettacolo, è composto da due categorie: i lavoratori a tempo determinato (i solisti) e quelli a tempo indeterminato (le masse artistiche degli enti stabili). Secondo i dati Inps , i lavoratori a tempo indeterminato sono il 30% del totale dei lavoratori del settore, mentre il 70% dei lavoratori sono a tempo determinato, di questi la maggior parte lavorano come subordinati, i restanti come autonomi. Il lavoro dello spettacolo è un lavoro intermittente per natura, per cui il lavoratore artistico ha un contratto a tempo determinato per la natura stessa della sua professione. Non c’è qui un tentativo di precarizzare il lavoratore, ma l’intermittenza è insita nella professione. I lavoratori a tempo determinato si suddividono poi tra lavoratori a tempo determinato autonomi e subordinati. Sono autonomi, il video-maker, lo scenografo quando deve consegnare il suo prodotto ad una data stabilita, il pianista che si esibisce al pubblico, mentre l’attore di teatro, quando deve rispettare un calendario prove, è un lavoratore subordinato. La conseguenza di questo ragionamento è che la natura stessa del lavoro ad intermittenza sia da proteggere, perché altrimenti diventa precariato. Un lavoratore ad intermittenza, un compositore, un musicista, non sta senza far nulla tra due concerti, ma si prepara, studia, scrive, compone, si esercita. In aggiunta, si deve considerare che se un giornalista, nella sua vita apre in media cinque o sei posizioni Inps, un lavoratore dell’area creativa (attore, cantante…) se va tutto bene ne apre diverse migliaia di posizioni Inps in una vita! Non per sfortuna, ma perché la natura del suo lavoro! Per tutelare questi lavoratori, nel disegno di legge, abbiamo proposto un reddito di discontinuità.

Che cosa si intende con “reddito di discontinuità” e dove lo troviamo indicato? Emerge dal combinato disposto degli articoli 2 e 5, si tratta di un reddito che lo Stato garantisce al lavoratore dello spettacolo per il periodo in cui non lavora, come quello tra due performance, due ingaggi a patto che l’artista abbia lavorato almeno 51 giornate (di versamenti nel F.L.P.S.) nell’anno precedente la richiesta. L’indennità giornaliera sarà pari all’80% della media del reddito percepito nei due anni precedenti (85% se si è lavorato 80 giornate o più). Si tratta di una misura specifica per un tipo di lavoro che è ontologicamente intermittente. Questo permette anche di aumentare le possibilità pensionistiche perché i contributi figurativi per la pensione verranno versati anche per i giorni di non lavoro effettivo. Il reddito di discontinuità si applicherà a tutti i lavoratori dello spettacolo a contratto, a partita iva, a scrittura teatrale, ecc.

Fonte: Il Sole 24 Ore