L’illusione del multitasking (e il suo caro prezzo)

Tra i tanti titoli attualmente disponibili (e devo dire apparentemente sempre più frequenti) sul tema attenzione e concentrazione, ho trovato utile e interessante quello diJohann Hari, “L’attenzione rubata. Perché facciamo fatica a concentrarci”, edito da La Nave di Teseo nel 2023. Come l’autore sottolinea, la difficoltà più rilevante nello studio di questo fenomeno sta proprio nel fatto che siamo nel bel mezzo di una forte transizione e si fa fatica quindi a trarre conclusioni definitive o, quantomeno, robuste e attendibili. Alcuni aspetti però sembrano oramai caratterizzati da trend che trovano un riscontro quasi unanime nella comunità di studiosi che se ne stanno occupando.

Uno di questi aspetti riguarda proprio il cosiddetto “switching”, ovvero quella modalità di gestione delle proprie attività e del proprio tempo caratterizzata da uno passaggio continuo da un compito a un altro. Dietro a questo “switching” è certamente possibile vedere allungarsi l’ombra di un altro fenomeno: il multitasking. Detto in altri termini: se passiamo costantemente da un compito a un altro, spesso anche di natura molto diversa, è perché sotto sotto riteniamo di essere in grado di applicare lo stesso livello di attenzione e cura a tutte le attività, mantenendo uno standard di qualità accettabile.

A proposito di questo aspetto, Johann Hari si riferisce al confronto avuto con il professor Earl Miller, esperto di neuroscienze e impegnato in studi avanguardistici sul cervello al MIT (Massachusetts Institute of Technology).

“Il tuo cervello può produrre solo uno o due pensieri contemporaneamente nella mente conscia. Siamo molto limitati. È a causa della struttura fondamentale del cervello e non cambierà in futuro.” Stando alle riflessioni di Miller che Hari riporta nel suo libro, il problema sta nel fatto che continuiamo ad alimentare il mito della capacità dell’essere umano di pensare più cose contemporaneamente. In molti casi questa operazione non è consapevole ma semplicemente frutto degli stimoli continui e simultanei che riceviamo e che ci inducono a “switchare” da una cosa all’altra, ritenendo di essere capaci di continuare ad attuare il pieno potenziale di attenzione e ascolto. Sottolineo un punto: ci stiamo qui riferendo al multitasking applicato a due o più attività che richiedono pensiero e concentrazione. Quando invece svolgiamo due attività, una delle quali è fortemente routinaria e quindi guidata dall’abitudine, tecnicamente non siamo impegnati in un reale multitasking.

L’impatto negativo dello “switching”

Detto ciò, Miller ha evidenziato tre fattori di costo attraverso i quali lo “switching” deteriora la nostra performance “mentale”:

Fonte: Il Sole 24 Ore