Peste suina, primi stop alle esportazioni di salumi e carni made in Italy

Primi stop alle esportazioni di salumi e carni suine made in Italy. A bloccare precauzionalmente gli acquisti dall’Italia di prodotti dopo la scoperta di nuovi casi di peste suina africana sono stati Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait . A queste si aggiungono le prime restrizioni anche dalla vicina Svizzera.

A darne notizia è Confagricoltura che questa mattina ha convocato proprio sul tema della diffusione dei contagi di peste suina africana la propria Giunta proprio nell’ottica di fare il punto sui casi accertati e sulle prime misure adottate sui mercati e a livello europeo.

La peste suina africana (Psa) è una malattia altamente contagiosa che però non si trasmette all’uomo ma solo tra i capi suini e i cinghiali, provocando però ingenti danni agli allevamenti e alla filiera. E il fatto che tra i primi paesi ad adottare misure restrittive ci sia la Cina è ampiamente giustificato dal fatto che Pechino nei mesi scorsi ha dovuto contrastare una gravissima epidemia di peste suina africana, che ha portato in Cina all’abbattimento di decine di milioni di capi di suini, determinando un vuoto d’offerta in Asia che ha a lungo condizionato le quotazioni dei mercati internazionali delle carni suine.

Lo scorso anno le esportazioni del settore suinicolo sono ammontate a circa 1,5 miliardi di euro, di cui 500 milioni destinate ai mercati extra Ue.«Ora è necessario agire con la massima tempestività ed efficacia nel campo della sorveglianza e delle misure di biosicurezza per la protezione degli allevamenti – ha commentato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -. Dobbiamo in ogni modo contrastare il fenomeno e limitare al massimo i danni, considerato che sono già arrivate le prime sospensioni delle importazioni dall’Italia di carni suine e prodotti derivati. In questa fase – ha aggiunto, Giansanti – è anche fondamentale il rigore delle informazioni ai consumatori, evitando qualsiasi speculazione commerciale».

Una situazione rapidamente diventata critica e che – a parere del presidente di Confagricoltura – probabilmente si sarebbe dovuto affrontare in maniera diversa: «Ad esempio – ha continuato Giansanti – con l’azione di contrasto sollecitata da tempo a tutti i livelli nei confronti della proliferazione dei cinghiali».Nei prossimi giorni – spiegano a Confagricoltura – saranno convocate congiuntamente le Federazioni Nazionali di Prodotto dei settori suinicolo ed avicunicolo (che a sua volta è alle prese con l’influenza aviaria) per valutare le richieste da presentare al governo e in ambito europeo per la salvaguardia delle imprese. «Intanto – ha concluso Giansanti – ci siamo già rivolti ad alcuni istituti di credito affinché rivolgano la maggiore attenzione possibile nei confronti degli allevatori in difficoltà».

Fonte: Il Sole 24 Ore