Se sei donna guadagni meno dei colleghi anche nel tecnico-scientifico

LIl gender pay gap colpisce anche le laureate in discipline Stem. Se è vero, infatti, che hanno stipendi e un tasso di occupazione più elevati rispetto alla media delle donne occupate in Italia, già un anno dopo la laurea guadagnano meno rispetto ai colleghi uomini. Così, sebbene si tratti di discipline più appetibili nel mercato del lavoro rispetto a tante altre, una volta entrate nel mondo del lavoro le laureate restano comunque indietro. Perché? Una motivazione scientifica e statistica non c’è. Dai dati è evidente che già subito dopo la laurea, quando il lavoro di cura tipicamente associato alle donne non può ancora avere un impatto significativo sulla carriera e sul percorso lavorativo, le ragazze vengono assunte per posizioni lavorative meno remunerative rispetto a quelle degli uomini, pur avendo voti più alti (108,8 rispetto a 107,3).

La fotografia, che emerge dalla rielaborazione dei dati Almalaurea, evidenzia che 12 mesi dopo la laurea una donna con una laurea di secondo livello in una disciplina stem guadagna in media 1.342 euro netti mensili, meno delle laureate dell’area sanitaria e agro-veterinaria (1.501 euro), ma di più rispetto all’area artistica, letteraria ed educazione (1.177 euro) ed economica, giuridica e sociale (1.160 euro).

Se si guarda al dato complessivo le neolaureate hanno una retribuzione media mensile netta di 1.283 euro, ben più bassa di quella dei compagni di università, che 12 mesi dopo la laurea guadagnano 1.485 euro al mese. Differenza che viene confermata anche nelle lauree Stem, dove i laureati maschi guadagnano 1.539 euro – quindi 200 euro circa in più rispetto alle colleghe -, mentre si assottiglia nell’area medica e veterinaria, dove gli uomini guadagnano 1.626 euro (100 euro in più). Il che si traduce in un gender pay gap, la differenza di retribuzione uomo donna, pari al 12,8% per le laureate Stem e del 7,7% per le laureate dell’area sanitaria e agro-veterinaria, contro una media generale del 13,6%. La percentuale si alza nell’area economico, giuridica e sociale (13,9%), mentre crolla al 3,7% nelle materie artistiche, letterarie ed educazione, in cui le laureate donne rappresentano l’80,9%.

Per avere una fotografa più chiara della realtà retributiva si può disaggregare l’area Stem nelle quattro aree disciplinari: scientifico, architettura e ingegneria civile, informatica e tecnologie ict, ingegneria industriale e dell’informazione. Gli stipendi più alti per le donne sono nell’area ingegneria industriale e dell’informazione (1.536 euro mensili netti le donne, 1.629 gli uomini) e informatica e tecnologie ict (1.529 euro le donne, 1.682 gli uomini), in entrambi i corsi le laureate sono in netta minoranza (rispettivamente 26,4% e 18,5%). Seguono l’area scientifica (1.294 le donne, 1.400 gli uomini), in cui le donne rappresentano più della maggioranza e architettura e ingegneria civile (1.186 le donne, 1.385 gli uomini), dove sono quasi la metà. La differenza di retribuzione maggiore uomo – donna è in architettura e ingegneria civile, dove il gender pay gap è al 14,4%, più della media generale. Nell’area informatica e tecnologie ict, il gpg scende al 9,1%, nell’area scientifica al 7,6%, in ingegneria industriale e dell’informazione al 5,7%.

Sul tema sarà, comunque, necessario l’intervento del legislatore, dal momento che l’Italia dovrà adeguarsi entro il 2026 alla direttiva europea 2023/970, volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione. Gli Stati membri dovranno assicurare un regime di tutele e di informazioni sulla parità di retribuzione e su come la retribuzione stessa viene applicata nei rapporti di lavoro. Viene, inoltre, previsto che le lavoratrici che abbiano subito un danno, a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione, avranno il diritto al pieno risarcimento .

Fonte: Il Sole 24 Ore