Tra follower e recensioni: la “maledizione” della riprova sociale

Veniamo da un anno irripetibile, in cui siamo stati tutti esposti al web in modo onnipervasivo. In questi mesi stando vicino ai miei figli preadolescenti e ai loro amici ho potuto notare quanto per la loro generazione sia decisivo il numero di follower, di visualizzazioni, di “mi piace” nel giudicare qualsiasi cosa. Apparentemente niente di straordinario visto che a quell’età scegliere qualcosa “perché lo fanno tanti altri” è una dinamica naturale, parte del processo di crescita della persona.

Su questo tema recentemente ho ricevuto un messaggio molto carino di una persona (dallo stile desumo adulta) che avendo apprezzato il mio canale Youtube di formazione manageriale mi ha inviato questo commento: “non capisco come questo canale abbia cosi pochi iscritti……..è per me un vero mistero”. Parole che da un lato mi hanno inorgoglito, ma dall’altro mi hanno anche fatto immaginare che questo “fan”, per liberarsi dall’illogicità della situazione (“a me piace molto, come mai non piace altrettanto a tanti altri?”), potrebbe essere portato a pensare “lo seguono in pochi, ci sarà un motivo. Forse lo sto sopravvalutando”.

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Si chiama principio di riprova sociale ed è stato splendidamente raccontato dallo psicologo americano Cialdini nel suo long seller “Le armi della persuasione”. Il principio di riprova sociale ci dice in modo banalissimo che prima di fare qualcosa guardiamo a ciò che fanno gli altri e che se qualcuno ci dice “hai visto quante persone l’hanno fatto? Fallo anche tu” tendiamo statisticamente ad aderire, in qualsiasi ambito e per lo più inconsapevolmente. Si tratta di una scorciatoia mentale.

Siccome non ho gli strumenti (o mi costa acquisirli) per valutare ex ante quel ristorante, quell’avvocato, quella tintoria mi baso sul comportamento di altre persone simili a me che hanno avuto bisogno di un ristorante, di un avvocato, di una tintoria. Il presupposto di fondo è che salvo eccezioni il gregge non sbaglia. Niente di nuovo sotto il sole si potrebbe dire.

Eppure osserviamo fenomeni che non ci possono lasciare indifferenti: se mettiamo la nostra vita nelle mani di medici scelti per il numero di mi piace e visualizzazioni, se valutiamo un candidato da assumere anche sulla base dei suoi follower su LinkedIn forse è accaduto qualcosa che va al di là del fisiologico principio di riprova sociale descritto da Cialdini. Il mix di distrazione e pigrizia digitale, di vita trascorsa sui social e di cultura della recensione (tutti possono dire tutto a tutti su tutto) sta creando un mondo in cui qualsiasi stimolo è accompagnato immediatamente dal riferimento al comportamento e/o alle valutazioni degli altri.

Fonte: Il Sole 24 Ore