I droni al servizio del trasporto di organi per trapianti: test a Torino

Delle potenzialità dei droni se ne parla da un po’, con le consegne di acquisti online che sembrano il prossimo step di un processo che vedrà gli aeromobili a pilotaggio remoto sempre più utilizzati per scopi commerciali. Ma non solo. Anche degli organi per trapianti, sangue e plasma per trasfusioni.

Non c’è dubbio che, potendo volare nel cielo, i droni siano molto più efficienti rispetto ai tradizionali mezzi di trasporto, evitando in città le lunghe code nel traffico e nelle zone più impervie le strade tante volte impraticabili su gomma o persino assenti.

Loading…

Il 2019 è stato l’anno in cui per la prima volta un drone ha consegnato un rene all’equipe di trapianti dell’ospedale di Baltimora. Secondo quanto ottenuto dall’esperimento, voluto dal dottor Scalea (chirurgo del Centro Medico dell’università del Maryland) e realizzato in collaborazione con la stessa università, l’organo non solo è rimasto a una temperatura stabile di 2,5 gradi centigradi durante i vari tragitti, ma addirittura il sensore biometrico presente nel cargo ha evidenziato che l’organo è stato esposto a un numero di vibrazioni inferiori rispetto a quelle generalmente riscontrate durante il trasporto su terra.

Dopo quella prima storica consegna ne sono seguite altre negli Stati Uniti e in Cina, ulteriori e decisivi passi in avanti sulla strada dell’uso dei droni per le consegne di campioni di sangue, organi e qualsiasi altro carico ad alta deteriorabilità che possa fare la differenza tra la vita e la morte di una persona.

In Italia nulla di simile è stato mai fatto, ma i tempi sono maturi per la sperimentazione con l’ambizioso progetto Indoor (usINg Drones fOr Organ tRansportation) che si prefigge l’obiettivo di sperimentare l’uso di droni per il trasporto di materiale biologico e organi per trapianti. Una sperimentazione avviata grazie al contributo della fondazione D.O.T. (Donazione Organi e Trapianti) in collaborazione con il Politecnico di Torino, la Città della Salute e l’Università di Torino.

Fonte: Il Sole 24 Ore